di Luca Maria Gambardella, Prorettore all’Innovazione e alle Relazioni Aziendali,
Professore ordinario di Intelligenza Artificiale all’Università della Svizzera Italiana (USI)
e Co-Fondatore e CTO Head of Applied AI presso Artificialy SA a Lugano
L’intelligenza artificiale è entrata prepotentemente nelle nostre vite da pochi anni. Computer che parlano, macchine che decidono, dubbi sulla riservatezza dei dati e domande su quando (ma soprattutto se) ci saranno mai intelligenze digitali con coscienza e consapevolezza confrontabili con quelle umane.
La storia dell’IA nasce comunque negli anni ’50 quando un gruppo di professori americani conia il termine “AI” durante una scuola estiva. Da quel momento ci sono stati grandi progressi ma la domanda sull’IA senziente è sempre stata centrale. Citiamo ad esempio il test di Turing sull’intelligenza artificiale che sempre negli anni ’50 proponeva una modalità per scoprire se un interlocutore sconosciuto fosse un umano o una macchina. Ad oggi nessuna macchina ha mai superato questo test ingannando un essere umano sulla propria natura. Per il futuro la risposta non è scontata come quella sull’esistenza o meno di un solo tipo di coscienza.
Pensiamo anche a ChatGPT, una tecnologia (transformer) pubblicata nel 2017 con la quale oggi è possibile realizzare una IA che scrive, riassume, traduce e risponde a domande di qualunque natura. ChatGPT ha “letto e digerito” tutti (o quasi) i testi a disposizione dell’umanità e le sue capacità linguistiche sono sorprendenti e affascinanti. Quindi ChatGPT è cosciente? No, al mo- mento è un sistema che associa la parola più probabile a quelle precedenti, sfruttando le conoscenze racchiuse nei testi, talvolta ge- nerando delle “allucinazioni” che richiedono un’attenta verifica delle risposte. Un po’ disarmante ma questa è la verità: la strada verso “l’umanizzazione” delle macchine è lunga e ancora da tracciare!
Dal mio osservatorio mi domando costantemente quali siano gli attuali benefici e come vedo il mondo di oggi e immagino quello che verrà.
Partiamo dai benefici: l’IA oggi è capace di risolvere in maniera efficace problemi di diversa natura dal riconoscimento di difetti di produzione, all’ottimizzazione di processo, alle previsioni finanziarie, alla stesura di preventivi, inclusa la possibilità di valutare in anticipo la fedeltà dei nostri clienti. Bastano veramente pochi dati storici e l’IA, attraverso un meccanismo di apprendimento automatico dai dati, è capace di ricavare modelli efficaci, performanti e rapidamente utilizzabili nelle aziende.
Ci vuole comunque un passaggio ulteriore dal modello fino alla “AI actually delivered” che include l’industrializzazione, il test e la validazione della soluzione in modo che funzioni 24/7 sul campo. Questo percorso oggi si riesce a realizzare anche con le PMI con investimenti contenuti: la domanda di cosa sia e come funziona l’IA, grazie a ChatGPT, non viene più fatta dai C-level che ora si concentrano su come fare con l’IA a essere efficiente in poco tempo.
Interessante anche il tema della privacy dei dati aziendali nel caso si interagisca con sistemi quali ChatGPT o, in generale, con i Large Language Models (LLM). Attualmente, quando forniamo a un LLM i nostri dati, email, contratti (in generale i nostri documenti), questi non rimangono privati ma vengono gestiti da un sistema remoto che non controlliamo. La soluzione che propone Artificialy con PrivateGPT prevede invece un modello linguistico ad hoc che lavora “on premises” cioè direttamente sulle macchine del cliente senza bisogno di accedere a internet. Questa importante caratteristica di privacy si può estendere con la capacità di PrivateGPT di tradurre in diverse lingue e di rispondere alle domande utilizzando le informazioni contenute nei documenti caricati direttamente in locale dal cliente.
Concludo con una riflessione sul futuro partendo dal presente: vedo sempre di più la nostra società e le nostre aziende muoversi verso una modalità ibrida dove l’intelligenza artificiale posizionata, diciamo sulla mano sinistra, ci aiuta a fare calcoli veloci, simulazioni e scenari, mentre la mano destra rimane libera per stringere quelle dei colleghi e degli amici, dando così spazio alle emozioni, all’empatia e alle doti umane che ben conosciamo.
Nel breve, non mi preoccupa l’evoluzione dell’IA; mi preoccupa di più che gli esseri umani si possano impigrire perdendo il loro proverbiale senso critico. Consiglio quindi di rafforzare questi fondamenti con studi che includano materie umanistiche quali storia, filosofia, italiano, arte, etc. Solo così saremo sempre cittadini consapevoli al centro del nostro mondo con gli strumenti per gestirlo e migliorarlo.